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di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Per i clienti societari si guarda alla proprietà diretta o indiretta. Il titolare effettivo è chi detiene oltre il 25% delle quote...

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Secondo l’orientamento maggioritario della Cassazione è legittima, da parte dell’Amministrazione finanziaria, la rideterminazione dell’imposta di registro sulla base della c.d. “causa reale” dell’operazione economica, invocando l’articolo 20, Tur. Tale consolidata posizione è stata però recentemente contraddetta dalla sentenza n. 2054/2017 che ha gettato le basi per un mutamento interpretativo sulla base del fatto che, in caso di conferimento di azienda in società con successiva cessione di quote, l’articolo 20 non consentirebbe di superare gli schemi negoziali e gli effetti giuridici voluti dalle parti, essendo ciò possibile solo in base ad una contestazione basata sull’abuso del diritto e, quindi, sull’articolo 10-bis, L. 212/2000.

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Alla luce dei recenti approdi della Corte di Cassazione, il presente studio si pone l’obiettivo di analizzare l’evoluzione interpretativa relativa ai criteri di riferimento per poter affermare o meno la possibile applicabilità del beneficio del cumulo giuridico in caso di irrogazione della sanzione per ritardato e omesso versamento del tributo.

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Nell’ambito del corpus normativo riferito ai reati tributari, il pagamento dei debiti erariali, ovvero l’assunzione dell’impegno di versare, comportano delle specifiche conseguenze, intese come benefici, sia sotto il profilo della confisca, sia sotto quello inerente la punibilità stessa.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il successo per il Fisco nel recupero dei debiti tributari incontra il limite della possibilità per il contribuente moroso di spogliarsi dei propri beni. Al fine di tutelare l’interesse dell’Erario è stata quindi prevista la possibilità di disporre delle misure cautelari che congelino la situazione patrimoniale del debitore permettendo all’Amministrazione finanziaria di soddisfare la propria pretesa una volta divenuta definitiva. Tuttavia, tale possibilità incontra alcuni limiti posti a tutela del contribuente affinché tali istituti non vengano utilizzati in modo strumentale e non risultino inutilmente gravosi.

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L’esigenza di garantire il contraddittorio tra le parti in posizione di parità dinanzi a un giudice terzo e imparziale diventa pressoché essenziale in sede di processo penale. Ed è intorno a questa necessità che ruotano le pronunce dei giudici nazionali ed europei nonchè l’intera normativa processualistica dettata dal codice che cerca di contemperare il potere del giudice di sussumere gli avvenimenti contingenti alle astratte fattispecie penali con il diritto dell’imputato di essere posto nelle effettive condizioni di predisporre un’adeguata difesa anche in caso di sopravvenute contestazioni che mutino la qualificazione giuridica attribuita al fatto descritto nel capo d’imputazione.

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Cresce sempre di più l’esigenza di porre un freno alle attività illecite di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo. Numerosi sono gli interventi del Legislatore che, sulla spinta propulsiva dell’Unione Europea, nel corso degli anni ha tentato di eliminare, o quantomeno di arginare, il rischio che corrono soprattutto coloro che svolgono, o si trovano a compiere in ragione della propria specifica professione, operazioni di natura finanziaria. Sugli stessi grava un dovere di collaborazione che trova la sua massima espressione nell’obbligo di segnalare quelle operazioni che, per le loro caratteristiche, potrebbero configurare un’ipotesi di riciclaggio.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 42087/2016 ha sancito alcuni interessanti principi in materia di sequestro finalizzato alla confisca in presenza di un accordo di rateazione con il Fisco, ipotesi trattata nell’articolo 12, comma 2, D.Lgs. 74/2000.

Martedì, 20 Giugno 2017 10:16

L’impugnazione delle cartelle di pagamento

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio analizza le possibilità di tutela del contribuente a seguito della notifica della cartella di pagamento con l’impugnazione dell’atto della riscossione avanti al giudice tributario per fare valere i vizi propri della medesima cartella esattoriale ovvero contestando anche i vizi dell’atto presupposto non notificato. 

Martedì, 20 Giugno 2017 10:00

Crisi di liquidità e omesso versamento

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Gli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate e dell’Iva si accompagnano spesso a crisi di liquidità dell’impresa. Nel presente intervento ci si propone di fare il punto della situazione sia sotto il profilo dell’elaborazione giurisprudenziale, sia sotto quello strettamente normativo a seguito della novella di cui al D.Lgs. 158/2015.

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L’esigenza di garantire il contraddittorio tra le parti in posizione di parità dinanzi a un giudice terzo e imparziale diventa pressoché essenziale in sede di processo penale. Ed è intorno a questa necessità che ruotano le pronunce dei giudici nazionali ed europei nonchè l’intera normativa processualistica dettata dal codice che cerca di contemperare il potere del giudice di sussumere gli avvenimenti contingenti alle astratte fattispecie penali con il diritto dell’imputato di essere posto nelle effettive condizioni di predisporre un’adeguata difesa anche in caso di sopravvenute contestazioni che mutino la qualificazione giuridica attribuita al fatto descritto nel capo d’imputazione.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Con il presente articolo si intende esaminare l’istituto della denuncia al Tribunale ai sensi dell’articolo 2409, cod. civ. nei casi di irregolarità della gestione da parte degli amministratori.
Dopo un primo sguardo ai presupposti necessari per poter procedere con tale ricorso, ci si
soffermerà sull’applicazione di tale disposizione nei confronti del collegio sindacale, non solo quale soggetto dotato di legittimazione attiva, ma anche passibile di sostituzione unitamente agli amministratori per l’inadempimento dei medesimi. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista, revisore legale, titolare Studio Ferrajoli Legale Tributario e condirettore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Gli strumenti di segregazione del patrimonio possono essere utilizzati non solo ai fini specifici per cui sono previsti, ma anche per sottrarsi in modo fraudolento alle pretese erariali, con conseguente integrazione della fattispecie penale di cui all’articolo 11, D.Lgs. 74/2000. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

La forte incidenza del diritto sovranazionale nel panorama legislativo interno ha creato un inevitabile e costante dialogo tra il giudice nazionale e quello comunitario. Con particolare riferimento alla compatibilità del diritto interno con quello di matrice europea, una tra le questioni interpretative che continua a suscitare maggiore interesse è certamente quella legata al tema del ne bis in idem sostanziale derivante dall’applicazione del noto principio del doppio binario sanzionatorio tributario. 

Venerdì, 03 Marzo 2017 16:53

Il processo tributario telematico

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Con l’emanazione dei decreti del Direttore Generale delle Finanze, 30 giugno 2016 (G.U. n. 161 del 12 luglio 2016) e 15 dicembre 2016 (G.U. Serie generale n. 298 del 22 dicembre 2016), le regole tecniche di attuazione del processo tributario telematico sono state estese a tutto il territorio nazionale facendo divenire realtà un’importante innovazione che si inserisce nel processo di semplificazione del rapporto fisco/cittadino.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio analizza gli aspetti sostanziali relativi ai vizi degli atti impositivi nella segmentazione del procedimento di accertamento e riscossione delle imposte. In particolare, viene considerata l’ipotesi in cui venga omessa la notificazione dell’atto presupposto (avviso di accertamento o cartella di pagamento) e ne vengono esaminate le conseguenze sotto il profilo della legittimità dell’atto successivo e della tutela del contribuente.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente intervento si propone di analizzare, ad ampio raggio, il reato di omessa dichiarazione di cui all’articolo 5, D.Lgs. 74/2000, anche e soprattutto alla luce della più recente giurisprudenza della Suprema Corte.

Venerdì, 03 Marzo 2017 16:45

Prescrizione dei reati e illeciti 231

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Con l’interessante sentenza n. 28299/2016 la Corte di Cassazione si è occupata della problematica relativa al regime prescrizionale vigente in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001 che differisce da quello previsto per i reati presupposto, stabilendo che tale diversa regolamentazione è legittima stante la diversa natura delle due tipologie di illecito. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

La presunta commissione di un illecito tributario può comportare l’applicazione di misure cautelari, personali o reali, che possono incidere notevolmente nella sfera giuridica dell’indagato o dell’imputato. Nel presente intervento si analizzeranno le tipologie di misure cautelari applicabili, nonché i presupposti per la loro applicazione con particolare attenzione ai più recenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Rimane ancora aperto il dibattito sul rapporto tra procedimento penale e procedimento amministrativo aventi a oggetto violazioni di disposizioni tributarie idonee ad assumere rilevanza anche sotto il profilo penalistico. Il sistema del “doppio binario” pensato dal nostro Legislatore, che ne presuppone il parallelo svolgimento, sembra ormai vacillare a fronte degli orientamenti espressi dalla Corte Edu. Dall’analisi delle argomentazioni esposte dalla Corte Edu viene in evidenza l’irrimediabile incompatibilità delle soluzioni sanzionatorie previste dall’ordinamento interno con il principio generale del “ne bis in idem”, rendendosi necessario procedere a una revisione dell’intero sistema sanzionatorio amministrativo e penale. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Al quesito posto dalla sezione penale della Suprema Corte di Cassazione alle Sezioni Unite, con l’ordinanza di rimessione del 4 marzo 2016, quest’ultime hanno risposto, di fatto, in maniera positiva. Sussiste, infatti, “il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di “valutazione”, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’Agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni”. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio analizza il tema relativo al c.d. “doppio binario” tra processo penale e contenzioso tributario, mettendo in evidenza alcuni aspetti che tendono a mitigare tale principio. Ad esempio, la giurisprudenza ha affermato che le intercettazioni telefoniche disposte in ambito penale sono utilizzabili nel contenzioso tributario e che il giudice penale deve vagliare con spirito critico la determinazione reddituale degli uffici, specie qualora siano stati utilizzati metodi presuntivi e/o induttivi. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il recupero delle somme da parte del soggetto creditore è stato notevolmente agevolato dalle nuove misure introdotte dal Governo con il D.L. 132/2014 in materia di misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, le quali all’articolo 19 hanno previsto una innovativa e celere procedura per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare e il successivo pignoramento, introducendo, tra l’altro, i nuovi articoli 492-bis, 521-bis, 155- bis e ss. al c.p.c..

In tale panorama legislativo, finalizzato a fungere sia da deterrente nei confronti del soggetto che si è reso inadempiente a un obbligo di legge ovvero contrattuale, sia a ridurre le lungaggini giudiziarie che sempre più spesso rappresentano la più ampia via di fuga per il debitore insolvente, il ricorso al pignoramento presso terzi seguita nell’essere, quando esperibile, il procedimento di recupero più garantista per il creditore, in quanto consente a quest’ultimo di rivalersi su un soggetto dalla solvibilità certamente più solida rispetto al debitore principale.

In tale contesto un’attenzione particolare merita la disciplina in materia di ritenute alla fonte da effettuare sulle somme liquidate a seguito del pignoramento presso terzi, nell’ambito della quale la prassi ministeriale ha svolto un ruolo essenziale definendo le modalità di effettuazione della ritenuta e dissipando numerosi dubbi interpretativi sorti dall’applicazione della stessa. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

La crescente complessità delle governance aziendali fa sorgere la necessità di incrementare i poteri e gli obblighi dei componenti degli organi di controllo e in particolare del collegio sindacale, allo scopo di consentire, nel concreto, l’esercizio della funzione di vigilanza attribuita dalla legge. Alla proliferazione dei doveri attribuiti ai sindaci corrisponde un aumento delle possibilità di rispondere penalmente, anche a titolo di concorso omissivo ex articolo 40, comma 2, c.p., per i reati commessi dagli amministratori. Sul tema, si apre inoltre un nuovo interrogativo che investe la possibilità di ravvisare la responsabilità penale per i reati commessi dall’ente ex D.Lgs. 231/2001 anche in capo all’OdV, a cui spetta ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera b) del Decreto il compito di “vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli organizzativi adottati”.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Con riferimento ai reati tributari, il sequestro preventivo e la confisca per equivalente, anche alla luce del nuovo articolo 12-bis, D.Lgs. 74/2000, introdotto dal D.Lgs. 158/2015, trovano nuova linfa, impegnando la giurisprudenza, anche di legittimità, a delinearne presupposti e limiti.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare quale siano le regole applicabili al procedimento di notificazione degli atti impositivi e delle cartelle di pagamento, quale momento essenziale dei procedimenti di accertamento e di riscossione dei tributi che si perfezionano con l’emanazione di atti aventi natura recettizia la cui efficacia è subordinata al rispetto delle norme dettate in materia di notificazione. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Con le recenti sentenze n. 12463/2016 e n. 13007/2016 la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni rilevanti principi in tema di responsabilità del consulente nei confronti del cliente in caso di contestazioni di natura tributaria. Tali sentenze forniscono diversi interessanti spunti in tema di responsabilità del professionista che meritano di essere esaminati alla luce del contesto normativo di riferimento. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

La mancata inclusione dei reati tributari elencati nel D.Lgs. 74/2000 nel novero dei reati-presupposto previsti dal D.Lgs. 231/2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti” ha da sempre suscitato notevoli perplessità. La giurisprudenza, in attesa di un intervento da parte del Legislatore, sembra voler perseguire indirettamente le imprese, per le violazioni tributarie poste in essere, per mezzo delle altre fattispecie di reato prescritte dal D.Lgs. 231/2001 e mediante l’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente anche ai reati tributari, nei limiti e alle condizioni previsti. Per evitare la comminatoria delle sanzioni stabilite sarà necessario per gli enti implementare i modelli organizzativi e adottare nuovi sistemi di controllo che assicurino una corretta gestione del rischio fiscale. 

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il sistema delle impugnazioni nel diritto processuale tributario, pur condividendo i principi generali della disciplina processuale civilistica, presenta alcune peculiarità che il presente lavoro si propone di esaminare alla luce della giurisprudenza di legittimità più recente e delle ultime novità legislative. 

 

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La problematica inerente le ipotesi di responsabilità penale del professionista, che svolge l’attività di consulenza e assistenza a favore del contribuente, nei reati tributari commessi da quest’ultimo è particolarmente rilevante data anche l’attenzione posta dall’Agenzia delle entrate al fenomeno dei c.d. “consulenti-facilitatori” censurato nella recente circolare n. 16/E/2016

 

Martedì, 31 Maggio 2016 18:06

La tutela cautelare nel processo tributario

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio si pone l’obiettivo di analizzare le principali peculiarità della tutela cautelare nel sistema processuale tributario, illustrandone sinteticamente l’evoluzione storica dalla sua introduzione fino alla recente riforma del contenzioso tributario attuata con il D.Lgs. 156/2015. 

 

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Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare quali siano i requisiti di rilevanza del segreto professionale nell’ambito dell’ordinamento tributario e i presupposti di opponibilità dello stesso all’Amministrazione finanziaria nel caso di verifiche fiscali presso studi legali-tributari.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Con il presente lavoro si analizzano le conseguenze dell’abrogazione della norma che sanciva l’indeducibilità dei costi sostenuti in operazioni relative a Paesi a fiscalità privilegiata anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 6651/2016.

 

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La recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione offre lo spunto per una verifica dello stato dell’arte sull’impugnabilità degli atti innanzi alle Commissioni tributarie alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale che ha fornito e continua a rendere un’interpretazione sempre più estensiva delle norme di cui agli articoli 2 e 19, D.Lgs. 546/1992 orientata a favorire nei limiti della competenza per materia, la devoluzione dei procedimenti a matrice tributaria in favore del giudice speciale. 

 

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In materia di reati afferenti le ipotesi di gravi frodi Iva, il giudice nazionale deve disapplicare la normativa sulla prescrizione nella parte in cui si prevede che “in nessun caso i termini previsti nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre il termine di cui all’articolo 161, comma 2, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.”. In tali casi, pertanto, il termine ordinario di prescrizione ricomincerà a decorrere da capo dopo ogni atto interruttivo. 

 

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Con l’ormai nota sentenza n. 43809/2015, la Corte di Cassazione ha avuto modo di offrire nuovi interessanti spunti di riflessione in ordine al concetto di residenza fiscale. Nel ripercorrere l’interpretazione europea del concetto di libertà di stabilimento, il Collegio ha, inoltre, escluso la rilevanza penale delle operazioni effettuate dagli imputati poiché effettivamente dettate da scopi di natura imprenditoriale.

 

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Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare, alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione quale sia l’oggetto del giudicato nel processo tributario sotto il profilo della sua efficacia nelle liti relative a tributi periodici.

 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Dopo la riforma dei reati societari operata dalla L. 69/2015, il falso in bilancio resta al centro del dibattito giurisprudenziale. Non è, infatti, stato chiarito quale sia la sorte dei c.d. falsi valutativi posto che la Cassazione con la sentenza n. 890/2016 ha ritenuto che, nonostante l’espunzione della fattispecie valutativa dall’articolo 2621, cod. civ. tale ipotesi mantenesse una rilevanza penale. La Cassazione a Sezioni Unite, richiesta di esprimersi sui contrasti emersi nelle sentenze già emesse dalla quinta Sezione nella Camera di Consiglio del 31 marzo 2016, ha confermato la rilevanza penale del c.d. falso valutativo. 

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La mini-riforma del processo tributario, attuata con il D.Lgs. 156/2015, ha previsto la possibilità di impugnare le sentenze emesse dalla CTP, in presenza di determinate condizioni, direttamente con ricorso in Cassazione. A pochi mesi dall’entrata, ci si interroga su quale sia l’impatto delle nuove disposizioni nel contenzioso tributario.

 

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A seguito di quanto previsto dall’articolo 2, L. 67/2014, il D.Lgs. 8/2016, in vigore dal 6 febbraio 2016, reca disposizioni in materia di depenalizzazione. Di seguito verranno esposte le modifiche e le ragioni sottese all’intervento legislativo.

 

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Con il presente contributo si procederà ad un’analisi delle diverse fattispecie nella quali può articolarsi il reato di bancarotta, che può essere commesso dal fallito nell’ambito del fallimento, nonché delle circostanze aggravanti ed attenuanti applicabili, come delineate dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, con particolare attenzione alle tematiche più discusse sull’argomento.

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La Legge di Stabilità 2016 (208/2015) porta con sé importanti novità, per vero a lungo annunciate, sotto il profilo dell’individuazione dei termini di prescrizione dell’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria, abolendo definitivamente il raddoppio in ipotesi di commissione di reati tributari e modificando gli ordinari termini di esercizio dei poteri di controllo da parte degli uffici sulle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. La modifica giunge a pochi mesi di distanza dall’entrata in vigore del D.Lgs. 128/2015 c.d. “decreto sulla certezza del diritto” che aveva integrato la previsione di cui al comma 3 dell’articolo 43, D.P.R. 600/1973 introducendo una causa di inoperatività del raddoppio in presenza di reati tributari.

Ripercorrendo lo sviluppo dell’articolo di legge in esame è possibile delineare i profili applicativi dell’attuale normativa sul “termine per l’accertamento” anche alla luce del regime transitorio introdotto per regolamentare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina e dissipare eventuali problematiche che potrebbero sorgere in tema di certezza del diritto dalla successione temporale delle intervenute modifiche normative. 

 

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Con la circolare n. 38/2015 l’Agenzia delle entrate ha riletto le novità introdotte dal D.Lgs. 156/2015 in relazione al contenzioso tributario fornendo alcuni chiarimenti sull’applicazione delle nuove norme. La pubblicazione del documento dà l’opportunità di rivedere le modifiche apportate al D.Lgs. 546/1992 a pochi giorni dalla loro – quasi integrale – entrata in vigore. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio si pone l’obiettivo di esaminare il contenuto e gli effetti della recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24823/2015 depositata in data 8 dicembre 2015 riguardante il contraddittorio nelle cosiddette indagini “a tavolino”. 

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L’ufficio del Massimario, attraverso la massimazione dei provvedimenti giurisprudenziali e la propria attività di redazione, contribuisce all’espletamento della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione. Con la relazione in commento, l’ufficio ha analizzato le novità introdotte dal D.Lgs. 158/2015 nell’impianto sanzionatorio penal-tributario, evidenziandone le possibili criticità alla luce della giurisprudenza formatasi nel sistema normativo precedente. 

 

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Il presente intervento si propone di esaminare la novella introdotta, in materia di reati tributari, dal D.Lgs. 158/2015, sotto il profilo della concreta applicabilità delle nuove fattispecie, con particolare attenzione ai principi della successione delle leggi penali nel tempo e al favor rei. Le fattispecie più rilevanti verranno analizzate proprio con riferimento a tali linee guida. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente lavoro si prefigge lo scopo di illustrare la ripartizione dell’onere probatorio tra contribuente e Amministrazione finanziaria tramite un’analisi della giurisprudenza e della prassi più recente nei settori di maggiore interesse, non dimenticando anche le novità legislative recentemente approvate.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare quali siano le novità introdotte dal D.Lgs. 158/2015 nell’ambito penal-tributario e sanzionatorio, analizzando le diverse condotte illecite con le relative nuove soglie di puniblità e gli effetti della novella sui procedimenti già incardinati.

Venerdì, 04 Dicembre 2015 12:18

Il nuovo contenzioso tributario

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

Il presente studio si pone l’obiettivo di analizzare il D.Lgs. 156/2015 che, attuando quanto previsto nell’articolo 10 della Legge delega 23/2014, ha apportato alcune modifiche, - per certi aspetti anche significative - alla disciplina del contenzioso tributario di cui al D.Lgs. 546/1992, accogliendo le esigenze già manifestate da dottrina e giurisprudenza.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale in Bergamo e Brescia e direttore scientifico della rivista Accertamento e Contenzioso

I molteplici rischi che incombono sul patrimonio di imprenditori, professionisti e privati impongono di valutare con attenzione l’opportunità di ricorrere a strumenti di protezione. Diversi sono gli istituti ai quali si può volgere lo sguardo per realizzare questo obiettivo, ma è fondamentale la tempistica con la quale si interviene per evitare problematiche di revocatoria o, ancor peggio, profili di responsabilità penale. 

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Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare quali siano le novità introdotte in materia di termini di decadenza per l’accertamento, specificando gli sviluppi interpretativi e gli effetti della novella sull’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria.

Martedì, 03 Novembre 2015 13:00

Voluntary Disclosure e antiriciclaggio

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Il presente studio si pone l’obiettivo di individuare quali siano gli impatti della procedura di voluntary disclosure disciplinata dalla L. 186/2014 sull’adempimento degli obblighi antiriciclaggio previsti dal D.Lgs. 231/2007, in particolare sull’obbligo di segnalazione di operazioni sospette di cui all’articolo 41, D.Lgs. 231/2007. 

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Con il D.Lgs. 128/2015 è stato introdotto un nuovo regime del raddoppio dei termini per l’accertamento tributario, ora legittimato solo in caso di effettiva presentazione della denuncia nei termini ordinari di legge.

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l presente studio si pone l’obiettivo di individuare quali siano le cause di nullità della sentenza pronunciata dal giudice tributario specificando quali siano gli effetti della dichiarazione di nullità e le modalità attraverso le quali le parti del processo tributario possono fare valere la nullità della sentenza. 

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L’azione revocatoria ordinaria può essere esperita dal curatore ai sensi dell’art.66 L.F. qualora non sussistano i requisiti di cui all’art.67 L.F. necessari per la proposizione della domanda di revocatoria fallimentare.
Nell’analizzare tale fattispecie concreta, la Suprema Corte ha recentemente avuto modo di ribadire il principio affermato da tempo in giurisprudenza secondo cui, se l’azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l’elemento soggettivo del consilium fraudis è sufficiente la semplice conoscenza da parte del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore. Inoltre, se l’azione revocatoria ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l’esercizio della medesima oltre all’eventus damni, anche la dimostrazione di una dolosa preordinazione da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito futuro e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma.

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Con il presente articolo si intende delineare il regime di tassazione del trust previsto in forza della normativa tributaria italiana ai fini delle imposte dirette e indirette e con particolare riferimento a queste ultime. L’articolo 1, commi da 74 a 76 L. n.296/06 (Legge Finanziaria), ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento nazionale disposizioni in materia di trust, nel tempo oggetto di interpretazione da parte sia dell’Amministrazione finanziaria che, come vedremo, delle recenti pronunce dei Tribunali di merito.

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L’onere della prova in materia Iva allorquando la contestazione verta sull’antieconomicità della condotta tenuta dal contribuente ricade sull’Amministrazione finanziaria cui spetta dimostrare che il risultato antieconomico, valevole come presunzione ai fini della rettifica delle imposte dirette e regredita a mero indizio ai fini delle rettifiche Iva, sia indice di una omessa fatturazione o sottofatturazione delle operazioni attive, rendendosi necessaria da parte dell’ufficio procedente l’ulteriore verifica circa la non veridicità delle operazioni e, dunque, del prezzo di cui alle contestate fatture. 

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Ad oggi non è stata ancora fatta definitivamente chiarezza in merito ai riflessi che la definizione delle liti fiscali pendenti abbia in punto di debenza dei contributi previdenziali. Il contributo che segue si prefigge, ragionando anche sullo strumento della definizione de qua, di ripercorrere le più rilevanti pronunce della giurisprudenza di merito sull’argomento.

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Con la sentenza n.299 dello scorso 8 ottobre 2014, la sezione lavoro del Tribunale di Monza ha ribadito il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui: “nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D.Lgs. n.46/99, l’opposizione agli atti esecutivi - con la quale si fanno valere i vizi di forma del titolo esecutivo, ivi compresa la carenza di motivazione dell’atto - è prevista dall’art.29, co.2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle “forme ordinarie”, e non dall’art.24 dello stesso D.Lgs., che si riferisce, invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione”1.
Prevale, dunque definitivamente, almeno nell’agire dell’interprete, l’assimilazione della cartella di pagamento a titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, in virtù del quale l’Ente previdenziale convenuto nel giudizio di opposizione può richiedere al giudice oltre al rigetto dell’opposizione anche la condanna dell’opposto al pagamento di quanto intimato 2.

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L’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, reato previsto e punito dall’art.10-ter D.Lgs. n.74/00, è una questione che negli ultimi tempi ha occupato la giurisprudenza di merito e di legittimità sotto diversi profili e con risultati anche contrastanti. Nel presente intervento si cercherà di fornire un quadro organico dello stato dell’arte, anche in relazione a nuovi spunti elaborati dalla Corte Costituzionale sulla soglia di punibilità e dalla Corte Suprema di Cassazione con riferimento alla natura del delitto in esame e ai soggetti che possono essere interessati dalla relativa fattispecie incriminatrice.

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La verifica fiscale effettuata nei confronti di una società di capitali a ristretta base proprietaria, laddove si concluda con la ricostruzione di maggiori ricavi rispetto a quelli contabilizzati e dichiarati, non si esaurisce con la sola pretesa impositiva formulata nei confronti dell’impresa sociale verificata, ma si estende anche nei confronti dei soci in forza dell’operare di una presunzione di distribuzione dell’utile extrabilancio a ciascuno dei soci in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione. 

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Nel processo tributario vige il generale divieto di assunzione di prova testimoniale. Tale divieto, tuttavia, non si estende alla possibilità di produrre in giudizio dichiarazioni rese da terzi fuori da quella sede. Tale facoltà è riconosciuta sia all’Amministrazione !nanziaria sia al contribuente e le dichiarazioni prodotte in giudizio assumono per entrambe le parti valore di prova indiziaria liberamente valutabile dal giudice, purché dotate dei caratteri di gravità, precisione e concordanza. Il giudice è tenuto a motivare sia l’uso delle dichiarazioni ai !ni del decidere, sia la statuizione sull’inutilizzabilità delle stesse.

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Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato in via de!nitiva il Decreto Legislativo contenente disposizioni in materia di sempli!cazioni !scali che prevede l’introduzione della permanenza della “responsabilità !scale” della società per i cinque anni successivi alla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese. Tale norma appare in contrasto tanto con la lettera dell’art.2495 cod.civ. (così come modi!cato dalla riforma del diritto societario risalente al 2003) quanto con l’orientamento adottato in materia dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione nel 2010 e sino ad oggi mantenuto. Il presente intervento si promette di operare una sintetica panoramica sul tema del rapporto tra cancellazione dal Registro delle Imprese, estinzione e responsabilità residua delle società (ricostruendo lo scenario pre e post riforma 2003) per concludere soermandosi sulle controverse innovazioni introdotte dal richiamato Decreto Legislativo e sulle perplessità ch’esso suscita negli operatori del settore.

Giovedì, 20 Novembre 2014 11:48

Bancarotta fraudolenta e concorso di reati

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Con la recente sentenza n.34516 del 5 agosto 2014 la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui più fatti tipici di bancarotta, commessi nell’ambito della medesima procedura concorsuale, configurano fattispecie di reato autonome e ontologicamente diverse. Le vicende che si concludono con il fallimento di una società spesso comportano procedimenti penali a carico di amministratori, sindaci e liquidatori: si pone quindi per il giudice il problema di come configurare le eventuali diverse ipotesi di reato contestate, a carico del medesimo soggetto, in un’unica procedura. Al riguardo la giurisprudenza ha ribadito che l’art.219, co.2, n.1 L.F. prevede una speciale ipotesi di continuazione nei reati ai soli fini sanzionatori, la c.d. “continuazione fallimentare”. 

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Il Legislatore sta operando diversi interventi di riforma su norme che direttamente o indirettamente incidono sul processo tributario.
In particolare ci si riferisce allo schema di Decreto Legislativo sulle semplifi
cazioni fiscali e al Decreto Legge degiurisdizionalizzazione, che contengono disposizioni che vanno a modificare le seguenti materie: gli effetti dell’estinzione della società limitatamente alle obbligazioni tributarie e contributive; la responsabilità dei liquidatori e soci per le obbligazioni tributarie; gli adempimenti processuali; le spese di giudizio in caso di soccombenza; la sospensione feriale dei termini.

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Con due sentenze estive la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di fondo patrimoniale.
Con la sentenza n.17811/14 è stata sancita l’ammissibilità della risoluzione consensuale del fondo patrimoniale da parte dei coniugi che l’hanno istituito, anche in presenza di figli minori, benché il codice civile non lo preveda espressamente.
Nella pronuncia n.18248/14, la Suprema Corte ha inoltre statuito che se il credito del terzo è maturato per soddisfare i bisogni della famiglia, l’esecuzione sul fondo patrimoniale deve ritenersi sempre legittima senza che sia necessario indagare se sia sorto prima il credito o il fondo stesso.

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Il contribuente che si avvale del procedimento di accertamento con adesione previsto dal D.Lgs. n.218/97 con le conseguenti riduzioni di imposte e sanzioni si trova poi spesso ad affrontare un processo penale riguardante le fattispecie di reato connesse alle violazioni tributarie accertate dal fisco. Vediamo quali sono le conseguenze a livello penale della rideterminazione degli importi effettuati dal fisco in contraddittorio con il contribuente con particolare riferimento all’ipotesi di riduzione delle imposte al di sotto delle soglie di punibilità sussistenti nel nostro ordinamento penale-tributario. 

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Il processo tributario è caratterizzato da un sistema probatorio che si distingue da quello vigente nel contenzioso civile sia sotto l’aspetto delle limitazioni all’utilizzo di mezzi di prova sancite dall’art.7 D.Lgs. n.546/92, sia in considerazione della circostanza che attore sostanziale nel procedimento tributario è quasi sempre il fisco. Per meglio comprendere come le parti possano procedere nell’acquisizione delle prove necessarie a sostenere in giudizio le proprie tesi difensive, è opportuno esaminare una fattispecie concreta, ossia il caso delle contestazioni sugli immobili di lusso per il disconoscimento delle agevolazioni c.d. prima casa. 

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Una recente pronuncia di legittimita' offre l'occasione di tornare sul ruolo del collegio sindacale, tra obblighi e responsabilita'. La ricostruzione puntuale dei riferimenti normativi e delle indicazioni che dagli anni ottanta la giurisprudenza ha offerto, conduce a delineare il perimetro dei comportamenti penalmente rilevanti e i capisaldi della condotta dell’organo di controllo.

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Le stabilisce il Dlgs 74/2000 con riguardo alle imposte sui redditi e all'Iva, ossia i <<delitti in materia di documenti e pagamento delle imposte>>

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A pochi mesi dalla risoluzione della questione di legittimità concernente la preclusione di inammissibilità dei ricorsi promossi senza esperimento della procedura di mediazione di cui all’art.17-bis D.Lgs. n.546/92 si affacciano nuovi dubbi interpretativi relativi alla norma sul reclamo tributario, questa volta con riferimento ai rapporti con l’istituto del litisconsorzio necessario applicabile, nel processo tributario, tra l’altro, alle società trasparenti. A ben vedere la questione coinvolge più in generale tutti gli istituti deflativi del contenzioso tributario, per l’utilizzo dei quali la Corte di legittimità si è conformata nell’affermare l’autonomia della Società rispetto alle posizioni dei singoli soci.

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La posizione degli amministratori privi di deleghe non esime gli stessi da eventuale responsabilità sia in sede civile che penale, per gli eventi pregiudizievoli provocati dall’agire degli amministratori delegati. La posizione di garanzia assunta con l’accettazione della carica e le previsioni comunque imposte dal codice civile in capo agli stessi, impongono un generale dovere di agire informati che postula la necessità di non rimanere passivi nell’attesa delle informazioni da parte dei delegati, ma di attivarsi, senza tuttavia conferire loro un ulteriore dovere di indagine. La mera conoscibilità di eventi dannosi può condurre a responsabilità penale per non aver impedito il verificarsi di un fatto che l’amministratore aveva l’obbligo giuridico di impedire.

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Con la sentenza n.8053 del 7 aprile 2014 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto la questione dell’applicabilità o meno al processo tributario regolato dal D.Lgs. n.546/92 delle disposizioni contenute nell’art.54 D.L. n.83/12 convertito con modificazioni nella L. n.134/12, riguardanti la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. e la non deducibilità di tale motivo di ricorso in caso di doppia conforme sulla quaestio facti, affermando il principio secondo cui: ” Le disposizioni di cui all’art.54, D.L. n.83, convertito con modificazioni nella L. n.134/12, si applicano ai ricorsi per Cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e ciò sia per quanto riguarda la nuova formulazione del n. 5) dell’art.360 c.p.c., secondo la quale la sentenza di appello è impugnabile “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, sia per quanto riguarda l’ultimo comma dell’aggiunto art.348-ter c.p.c., secondo il quale la proponibilità del ricorso per Cassazione è ammesso esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’art.360, qualora l’impugnazione sia proposta avverso una sentenza d’appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata”. 

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“L’articolo 10-ter, D.Lgs. n.74/00 è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art.3 della Costituzione, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad !103.291,38”.

È quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n.80/14 sull’omesso versamento dell’Iva, depositata l’8 aprile 2014, relativa alla legittimità delle soglie di punibilità oltre le quali si incorre in responsabilità penale ex art.10-ter D.Lgs. n.74/00.

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Il dettato dell’art.19 D.Lgs. n.546/92, mentre, per un verso, raorza la tesi secondo cui per aversi controversia tributaria, rimessa alla giurisdizione delle commissioni tributarie, occorre l’esercizio del potere impositivo mediante un atto proveniente da un soggetto investito di detta potestas, d’altro canto, però, non può evidentemente condurre, in ragione della mancanza di tale atto nell’elenco ivi indicato, a precludere l’accesso del cittadino alla tutela giurisdizionale ogni qual volta esista un atto che si riveli comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, a far sorgere l’interesse ad agire ex art.100 c.p.c., come avverrebbe qualora, da un lato, il giudice ordinario correttamente negasse la propria giurisdizione in favore di quello tributario e, dall’altro, quest’ultimo dichiarasse il ricorso improponibile per la non riconducibilità dell’atto stesso all’elenco di cui all’art.19 D.Lgs. n.546/92. 

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La riforma della Legge Fallimentare prevede la responsabilità penale del “professionista” che, con la propria condotta, incorra in falsità documentali il cui oggetto materiale è rappresentato dalle relazioni e dalle attestazioni inerenti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di risanamento, il piano del concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, le disposizioni in tema di !nanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e il concordato con continuità aziendale.

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La responsabilità penale prevista dall'art.236 L.F. prende in esame il momento "formativo" della domanda di concordato preventivo, che deve connotarsi, come indicato dall’art.161 L.F., da una serie di dati e documenti veritieri che possano essere idonei a rappresentare, nei confronti dei terzi, il reale stato patrimoniale, economico e !nanziario in cui versa l'imprenditore. 

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Nel procedimento tributario il contribuente/ricorrente deve svolgere tutte le proprie difese nell’atto introduttivo del giudizio.

Attraverso il ricorso con il quale viene impugnato l’atto emanato dall’Agenzia delle Entrate, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di noti!cazione dello stesso, il ricorrente porta a conoscenza del giudice i motivi in fatto ed in diritto sulla base dei quali richiede l’annullamento dell’atto. Nel sistema delineato dal D.Lgs. n.546/92, presentato il ricorso introduttivo, non è più possibile modificare “unilateralmente” il thema decidendum attraverso l’integrazione dei motivi del ricorso.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Il nostro ordinamento, tra i principi cardine del diritto, prevede quello di irretroattività della norma penale, se in malam partem: il combinato disposto degli artt.11, 25, co.2, Cost. e 2, co.4, c.p. stabiliscono, infatti, che nessuno possa essere punito per un fatto che secondo una legge posteriore non è reato e se vi è stata sentenza di condanna ne cessano gli eetti e l’esecuzione; inoltre, se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede solo la pena pecuniaria, la pena detentiva si converte in quest’ultima.

Ulteriormente, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

In ambito tributario, la funzione propria della notificazione di dirigerne l’oggetto verso il destinatario e di metterglielo a disposizione in modo da provocarne la presa di conoscenza è, stante l’effetto che ne discende in rapporto all’atto contenente una pretesa impositiva, amplificata nel segno della maggiore garanzia di conoscenza effettiva. Tanto è da affermare in ragione del principio generale dettato dall’art.6 dello Statuto del contribuente (L. n.212/00), a tenore del quale l’Amministrazione finanziaria deve, in linea generale, assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.

In occasione di «Telefisco 2013» l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni importanti chiarimenti interpretativi in relazione alla tanto discussa disciplina delle società con perdite sistematiche. Le risposte rese ai contribuenti e alla stampa specializzata su svariati temi fiscali sono poi confluite nella C.M. 15 febbraio 2013, n. 1/E.

I'art. 2, L. 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinato dall'art. 182-bis, legge Fallimentare (R.D.16 marzo 1942, n. 267). Con tale intervento si è voluto dare certezza e stabilità giuridica alla prassi, già da tempo ampiamente diffusa, dei concordati stragiudiziali, vaie a dire di veti e propri accordi, privi di disciplina giuridica, stipulati tra creditori e debitori per superare situazioni di insolvenza.


 

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