Error
  • Error loading feed data
Avv. Luigi Ferrajoli

Avv. Luigi Ferrajoli

àsdòlfk dsàòlfk sàòlfk àsòdlfk àdlsòfk àdlsòkg àdlsòfk àsòdlk 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

A pochi mesi dalla risoluzione della questione di legittimità concernente la preclusione di inammissibilità dei ricorsi promossi senza esperimento della procedura di mediazione di cui all’art.17-bis D.Lgs. n.546/92 si affacciano nuovi dubbi interpretativi relativi alla norma sul reclamo tributario, questa volta con riferimento ai rapporti con l’istituto del litisconsorzio necessario applicabile, nel processo tributario, tra l’altro, alle società trasparenti. A ben vedere la questione coinvolge più in generale tutti gli istituti deflativi del contenzioso tributario, per l’utilizzo dei quali la Corte di legittimità si è conformata nell’affermare l’autonomia della Società rispetto alle posizioni dei singoli soci.

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

La posizione degli amministratori privi di deleghe non esime gli stessi da eventuale responsabilità sia in sede civile che penale, per gli eventi pregiudizievoli provocati dall’agire degli amministratori delegati. La posizione di garanzia assunta con l’accettazione della carica e le previsioni comunque imposte dal codice civile in capo agli stessi, impongono un generale dovere di agire informati che postula la necessità di non rimanere passivi nell’attesa delle informazioni da parte dei delegati, ma di attivarsi, senza tuttavia conferire loro un ulteriore dovere di indagine. La mera conoscibilità di eventi dannosi può condurre a responsabilità penale per non aver impedito il verificarsi di un fatto che l’amministratore aveva l’obbligo giuridico di impedire.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Con la sentenza n.8053 del 7 aprile 2014 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto la questione dell’applicabilità o meno al processo tributario regolato dal D.Lgs. n.546/92 delle disposizioni contenute nell’art.54 D.L. n.83/12 convertito con modificazioni nella L. n.134/12, riguardanti la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. e la non deducibilità di tale motivo di ricorso in caso di doppia conforme sulla quaestio facti, affermando il principio secondo cui: ” Le disposizioni di cui all’art.54, D.L. n.83, convertito con modificazioni nella L. n.134/12, si applicano ai ricorsi per Cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e ciò sia per quanto riguarda la nuova formulazione del n. 5) dell’art.360 c.p.c., secondo la quale la sentenza di appello è impugnabile “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, sia per quanto riguarda l’ultimo comma dell’aggiunto art.348-ter c.p.c., secondo il quale la proponibilità del ricorso per Cassazione è ammesso esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’art.360, qualora l’impugnazione sia proposta avverso una sentenza d’appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata”. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

La responsabilità penale prevista dall'art.236 L.F. prende in esame il momento "formativo" della domanda di concordato preventivo, che deve connotarsi, come indicato dall’art.161 L.F., da una serie di dati e documenti veritieri che possano essere idonei a rappresentare, nei confronti dei terzi, il reale stato patrimoniale, economico e !nanziario in cui versa l'imprenditore. 

di Luigi Ferrajoli - avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

La riforma della Legge Fallimentare prevede la responsabilità penale del “professionista” che, con la propria condotta, incorra in falsità documentali il cui oggetto materiale è rappresentato dalle relazioni e dalle attestazioni inerenti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di risanamento, il piano del concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, le disposizioni in tema di !nanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e il concordato con continuità aziendale.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Nel procedimento tributario il contribuente/ricorrente deve svolgere tutte le proprie difese nell’atto introduttivo del giudizio.

Attraverso il ricorso con il quale viene impugnato l’atto emanato dall’Agenzia delle Entrate, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di noti!cazione dello stesso, il ricorrente porta a conoscenza del giudice i motivi in fatto ed in diritto sulla base dei quali richiede l’annullamento dell’atto. Nel sistema delineato dal D.Lgs. n.546/92, presentato il ricorso introduttivo, non è più possibile modificare “unilateralmente” il thema decidendum attraverso l’integrazione dei motivi del ricorso.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

In ambito tributario, la funzione propria della notificazione di dirigerne l’oggetto verso il destinatario e di metterglielo a disposizione in modo da provocarne la presa di conoscenza è, stante l’effetto che ne discende in rapporto all’atto contenente una pretesa impositiva, amplificata nel segno della maggiore garanzia di conoscenza effettiva. Tanto è da affermare in ragione del principio generale dettato dall’art.6 dello Statuto del contribuente (L. n.212/00), a tenore del quale l’Amministrazione finanziaria deve, in linea generale, assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Il dettato dell’art.19 D.Lgs. n.546/92, mentre, per un verso, raorza la tesi secondo cui per aversi controversia tributaria, rimessa alla giurisdizione delle commissioni tributarie, occorre l’esercizio del potere impositivo mediante un atto proveniente da un soggetto investito di detta potestas, d’altro canto, però, non può evidentemente condurre, in ragione della mancanza di tale atto nell’elenco ivi indicato, a precludere l’accesso del cittadino alla tutela giurisdizionale ogni qual volta esista un atto che si riveli comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, a far sorgere l’interesse ad agire ex art.100 c.p.c., come avverrebbe qualora, da un lato, il giudice ordinario correttamente negasse la propria giurisdizione in favore di quello tributario e, dall’altro, quest’ultimo dichiarasse il ricorso improponibile per la non riconducibilità dell’atto stesso all’elenco di cui all’art.19 D.Lgs. n.546/92. 

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

Il nostro ordinamento, tra i principi cardine del diritto, prevede quello di irretroattività della norma penale, se in malam partem: il combinato disposto degli artt.11, 25, co.2, Cost. e 2, co.4, c.p. stabiliscono, infatti, che nessuno possa essere punito per un fatto che secondo una legge posteriore non è reato e se vi è stata sentenza di condanna ne cessano gli eetti e l’esecuzione; inoltre, se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede solo la pena pecuniaria, la pena detentiva si converte in quest’ultima.

Ulteriormente, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

di Luigi Ferrajoli – avvocato patrocinante in Cassazione, dottore commercialista e revisore legale

“L’articolo 10-ter, D.Lgs. n.74/00 è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art.3 della Costituzione, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad !103.291,38”.

È quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n.80/14 sull’omesso versamento dell’Iva, depositata l’8 aprile 2014, relativa alla legittimità delle soglie di punibilità oltre le quali si incorre in responsabilità penale ex art.10-ter D.Lgs. n.74/00.

«StartPrev12345678NextEnd»
Page 8 of 8

Blog